Fiere e pandemia. La reazione di Artissima
PAROLA A ILARIA BONACOSSA, DIRETTRICE DELLA TORINESE ARTISSIMA, INVITATA A RIFLETTERE SUL FUTURO DELLA SUA FIERA NEL POST EPIDEMIA.
Anche le fiere, come l’intero sistema dell’arte, stanno facendo i conti con gli effetti della pandemia. Abbiamo intervistato Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima, la cui nuova edizione è in programma dal 5 all’9 novembre. Che cosa dovremo aspettarci? E quali strategie metterà in campo la fiera torinese per rispondere ai cambiamenti dettati dal virus?
Come si è organizzata la tua fiera, rispetto a quello che è successo, per rimanere in contatto con la community?
Il lockdown ci ha spinto ad attivarci su Instagram per lavorare sul senso di comunità dell’arte italiana in un momento di difficoltà, lanciando: /ge·ne·a·lo·gì·a/. Ogni giorno per un mese un artista è stato invitato a fare due nomination, indicando un ideale antenato e un ipotetico discendente. Che sorpresa scoprire le affinità elettive e i legami tra artisti! È emersa l’idea di una comunità eclettica, ma anche legata da stima e amicizie. Conclusa questa iniziativa, stiamo ora per lanciare con Juventus la terza edizione di Artissima Junior, tutta digitale, sul tema del ritratto e del gioco di squadra. L’artista tutor è Diego Perrone, che guiderà i più giovani a essere creativi anche in questo difficile momento, usando il digitale in maniera attiva e inaspettata.
Come evolverà a tuo avviso il sistema fieristico nei prossimi mesi e anni in Italia e all’estero?
Credo che il sistema si trasformerà e forse le fiere come Artissima ‒ che sono internazionali nell’offerta, ma anche fortemente legate alle eccellenze locali ‒ avranno nel breve più chance di reinventarsi in maniera sostenibile. Eravamo abituati a grandi numeri come parametro per il successo di un evento, a viaggi non-stop in giro per il mondo, con impatti consistenti anche a livello ambientale. Credo che per un po’ non sarà più così e forse le fiere avranno una dimensione più contenuta, più umana. Questo consentirà un rapporto più intimo con i galleristi, i curatori e anche tra collezionisti.
Quali cambiamenti immagini in particolare per la tua manifestazione in vista della prossima edizione?
Il digitale sarà importante e sono felice di aver intrapreso, grazie al sostegno di Compagnia di San Paolo, un ampio progetto in questo senso già nel 2017.
Abbiamo deciso di posticipare la data di chiusura delle domande di iscrizione a fine maggio per andare incontro alle gallerie. Stiamo lavorando all’edizione 2020 con il comitato e tutto il team di curatori: Ilaria Gianni e Fernanda Brenner (Present Future); Lorenzo Giusti e Mouna Mekouar (Back to the Future); Letizia Ragaglia e Bettina Steinbrügge (Disegni); Valerio Del Baglivo (New Entries).
Ma abbiamo anche deciso di lanciare un progetto digitale gratuito per gli espositori di Artissima 2019: ARTISSIMA IN PROGRESS. A giugno il nostro pubblico di collezionisti e appassionati potrà entrare in contatto con le gallerie, che presenteranno ciascuna un artista scelto dal team curatoriale della fiera: un esperimento per rendere visibile il nostro lavoro ‘in divenire’.
Quanto all’edizione fisica 2020, immaginiamo una fiera più piccola in cui sia più facile gestire l’afflusso del pubblico che probabilmente dovrà essere contingentato. Forse nei primi giorni si potrebbero limitare gli ingressi ad addetti ai lavori e collezionisti, facendo sì che le persone possano accedere agli spazi espositivi alternandosi. Immagino alcuni progetti collaterali adattati a una fruizione digitale, per permettere anche a chi non potrà essere a Torino di godere della ricerca e dei contenuti della fiera.
Le gallerie sono il principale “cliente” delle fiere. Che idea ti sei fatta su questi soggetti nel futuro?
I galleristi ci stanno dimostrando il loro interesse a partecipare ad Artissima 2020. Le nostre date, 5-8 novembre, sono ancora lontane e in molti speriamo che coincidano con una riapertura. I galleristi, che hanno già investito supportando le produzioni dei loro artisti, non vedono l’ora di tornare in pista.
Credo che il lockdown abbia spinto tutte le gallerie a interrogarsi sul loro funzionamento. Gli investimenti sul digitale saranno prassi per tutti: prima occorreva ospitare cene e inaugurazioni, ora bisognerà puntare su viewing room o progetti digitali.
Per le gallerie medie e piccole?
Sarà la specificità della propria ricerca a diventare la chiave per il successo. Per le multinazionali dell’arte il discorso è differente, probabilmente dovranno ristrutturare il proprio business e cercare di reinventarsi grazie a una sorta di monopolio culturale.
Un altro soggetto cruciale per le fiere sono i collezionisti. Come immagini che reagiranno alla grande crisi del Dopoepidemia?
In realtà i collezionisti che comprano per passione non si sono fermati nei loro acquisti. Storicamente nelle grandi crisi sono sempre nate importanti collezioni. Certo le opere più sperimentali, pensate per le istituzioni, saranno più difficili da vendere, ma speriamo che anche in Italia le istituzioni vengano sostenute e possano puntare sulla crescita del proprio patrimonio.
Si respira preoccupazione, ma si spera che, come nel 2008, il mercato dell’arte torni velocemente attivo in reazione alla crisi. La situazione è ovviamente diversa rispetto ad allora, ma l’arte resta un bene rifugio soprattutto quando i mercati sono inaffidabili.
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